Life of wine 2020: originalità ed eleganza nei vini di madrevite
Nicola Chiucchiurlotto è Madrevite e Madrevite è Nicola Chiucchiurlotto.
Erano anni, da quando conobbi i suoi vini all’Only Wine Festival di Città di Castello, che speravo di poter incontrare “the founder” di questa ennesima, splendida realtà umbra. L’occasione è accaduta durante l’evento Life of Wine svoltosi a Roma il 18 ottobre, grazie a Roberta Perna di Studio Umami coadiuvata dal direttore responsabile di Vinodabere Maurizio Valeriani.
Ogni volta che mi avvicino alle varie espressioni di questo territorio, resto basito per la grande diversità messa in gioco da zona a zona e dalle sue varietà ampelografiche che spaziano tra il sogno o son desto.
Trebbiano Spoletino e Grechetto tra i bianchi, Sangiovese, Syrah ed, in questo caso, Grenache tra i rossi. Sì, perché il nobile vitigno di origine spagnola, che sulle sponde del Trasimeno viene confusamente chiamato Gamay del Trasimeno, per un errore di comprensione tra monaci trascrittori dei primi trattati agricoli (di stampo francese), ha quivi attecchito meravigliosamente dopo l’avvento degli aragonesi nel quindicesimo secolo.
Undici gli ettari vitati aziendali, circoscritti tra tre laghi; consulenza enologica affidata ad Emiliano Falsini, i cui prodotti potrebbero essere facilmente riconosciuti alla cieca dagli esperti, grazie alla loro eleganza e pulizia estrema.
Emiliano si diverte tantissimo giocando con la sosta sulle fecce fini e relativi batonnage, che dosati con cognizione di causa arricchiscono di aromi piacevoli il mosto fermentato, strutturato al meglio per resistere agli acciacchi del tempo. Ergo: longevità.
Abbiamo cominciato gli assaggi aziendali da un esperimento, un rifermentato in bottiglia da Trebbiano Spoletino. “Futura” è un tentativo di offrire alla clientela, ad un prezzo appetibile, qualcosa di unico non paragonabile ad altre aree vocate per la spumantistica. Al naso qualche perplessità iniziale, per una “esuberanza” che sfocia in note piuttosto vegetali; per fortuna, ripara al gusto con altrettanta vivacità e fragranza, complice la scelta di un’uva che si presta decisamente a tale lavorazione.
Proseguiamo con una mini verticale del “Reminore” IGT Umbria Bianco, versione ferma sempre a base di Trebbiano. La 2019 gode di buona freschezza, molto floreale di mimosa e gelsomino e con un corredo fruttato da mela gialla e pompelmo.
2018 di notevole equilibrio, con l’emersione della tipica sapidità finale, unita a note mielose e da albicocca pellechiella del Vesuvio.
Annata calda la 2017, si avverte dal viraggio verso speziature morbide, acqua di zafferano, mandorla dolce, in una sola parola: prontezza.
Chiosiamo con la 2016 a dir poco perfetta, con un ritorno al futuro verso fiori gialli di zagara, ginestra e camomilla sboccolata, pesca nettarina e salgemma, pepe bianco, salvia e timo. Straordinaria.
Passiamo ai rossi, principiando dal “Glanio” Doc Colli del Trasimeno Rosso, anche qui in verticale, dalla agée 2013, in blend al 70% di Sangiovese e 30% di Gamay del Trasimeno. Affinamento in vasche di cemento, dimostra l’inesorabile passare del tempo da una marcata timidezza olfattiva e dalla mancanza di una spalla acida al gusto. Cambierà notevolmente l’anno successivo nella 2015, (della 2014 non si ha traccia non essendo stata prodotta), con una nuova bottiglia che passa dalla bordolese alla borgognona, in cui il Sangiovese diverrà l’unico attore in purezza. Vi presento “IL” Sangiovese umbro, dal penetrante sottobosco, dalla ciliegia matura e bocca piena, terrosa non tesa. Anche in questo caso la 2016 si stacca dal gruppone scattando verso uno sprint finale fatto di potpourri di rosa rossa, ribes e pepe nero. Oltre l’armonia. Nella più recente in commercio, vintage 2017, si sente giovinezza e potenza, con richiami persino balsamici fatti di eucalipto ed erbe officinali. Calorosa.
Ed ora..”Che Syrah Sarà” secondo voi? Non è un quiz, semplicemente un altro dei tanti nomi di fantasia che Nicola ha voluto dare ai suoi pargoletti. Un vino di non facile comprensione, sopratutto per le mode attuali. Un anno di legno piccolo americano e due di bottiglia, quasi da meditazione. Tre annate in degustazione: 2013 – 2012 e 2011 nelle quali convince in pieno la mezzana per bevibilità ed eleganza e la 2013 in prospettiva, giusto mix tra essenze pepate e fruttate da mirtilli scuri e densi.
Evidente che il Syrah vince quando altri soffrono.
Al prossimo articolo le ulteriori impressioni sul loro Grechetto “Elvè” e sul Gamay del Trasimeno/Grenache in due versioni diversissime: “Opra” e “C’Osa”.
Ancora un attimo di pazienza e li scoprirete..
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