Cantina Madrevite – Il suo Gamay del Trasimeno e non solo…
C’è chi dice che all’Umbria, il cuore verde d’Italia, manchi solo il mare… ma in compenso ha un lago niente male! E’ proprio vicino al Trasimeno, più precisamente a Castiglione del Lago, che nasce la realtà di cui vi parlerò oggi: Madrevite.
Un nome evocativo, legato alla terra, alla vigna e alla cantina: la madre-vite era lo strumento utilizzato dagli antichi vignaioli umbri per fissare l’”usciolo della botte”, ovvero lo sportello frontale.
Un nome che dice molto sulla volontà dei giovani, oggi, alla guida dell’azienda di portare avanti con rispetto e fierezza una tradizione agricola e, in particolare, vitivinicola presente, qui, da generazioni.
Madrevite è prima di tutto una famiglia. L’azienda, infatti, ri-nasce agli inizi del nuovo millennio, con la ristrutturazione della storica azienda familiare, voluta da Nicola Chiucchiurlotto, con il restauro della vecchia casa colonica e il reimpianto di parte dei vecchi vigneti del nonno.
E’ proprio con Nicola che ho modo di visitare vigne e cantina, al fine di approfondire le dinamiche agronomiche ed enologiche che hanno portato questa piccola realtà di appena 6 ettari vitati a diventare un punto di riferimento tra gli appassionati.
Nicola è un agricoltore dinamico, contemporaneo nei pensieri, ma dal forte e atavico piglio pratico nell’approccio alla vigna e al vino.
Camminare con lui tra i vigneti mi ha confermato il suo amore per un varietale che qui ha trovato un habitat privilegiato: il Gamay del Trasimeno.
Attenzione! Non stiamo parlando del Gamay di Borgogna coltivato principalmente nella regione del Beaujolais, bensì di un un vitigno introdotto in Umbria, con buone probabilità a metà dell’800.
Recenti studi hanno dimostrato, infatti, una congruenza genetica con i vitigni della famiglia della Grenache, ovvero Cannonau, Tai Rosso, Vernaccia Nera di Serrapetrona, Bordò, Granaccia ligure e ovviamente Alicante, Garnacha spagnola e Grenache francese.
L’arrivo della Grenache sui colli del Trasimeno viene datata attorno al 1600, essendo stata ricondotta alla dominazione spagnola seguita alla pace di Chateau-Chambrésis del 1559. Negli anni la Grenache assume il nome di “vigna francese” e poi quello di “Gamay”, per via della forma di allevamento ad alberello non tipica di questa zona. E’ da alcuni vecchi ceppi di Gamay del Trasimeno presenti nell’antica vigna di Madrevite che questa varietà è stata propagata tramite selezione clonale nei nuovi vigneti.
Un vitigno su cui Madrevite punta davvero tanto e nel quale Nicola crede particolarmente nell’ottica di un’espressività territoriale che parta dalla vigna e prosegua con il rispetto di ogni varietale in cantina.
Madrevite e Nicola Chiucchiurlotto sono una cosa sola, è semplice rendersene conto camminando con lui fra le sue vigne e assaggiando i suoi “figli” da vasca e da botte: con il Gamay del Trasimeno sempre in prima linea per espressività e armonia, un Trebbiano Spoletino vibrante come pochi, un Sangiovese tutto da bere, un Montepulciano di grande stoffa e una Syrah che mi ha stupito sin dal primo sorso per il suo equilibrio fra potenza espressiva e profonda eleganza.
Passando alla bottiglia ho deciso di condividere con voi i seguenti assaggi:
Madrevite -Reminore Trebbiano Spoletino Umbria IGT bianco 2016: un vitigno storico per questa regione che, solo da qualche anno, sta tornando in auge grazie alla lungimiranza e al coraggio di alcuni vignaioli. Nicola ha accolto questo varietale nei suoi vigneti credendo fortemente nelle sue potenzialità e, a giudicare dalle ultime annate prodotte, ha davvero trovato una forte empatia con esso, che gli permette di interpretarlo al meglio. Un naso che spazia dall’agrume alle note minerali soffuse per poi distendersi in un sorso fresco, dritto ma vibrante di energia che spinge in un allungo che fa da preludio alla sua innata sapidità. Vino in grado di dare il meglio di sé dopo qualche anno di vetro, ma che già ha raggiunto una buona complessità espressiva.
Madrevite – La Bisbetica Rosato Umbria IGT 2017: che il Gamay del Trasimeno si presti alla vinificazione “in rosa” è già stato palesato in più occasioni e in più parti d’Italia e dell’Orbe Terracqueo e questa interpretazione di Nicola Chiucchiurlotto e della sua piccola azienda umbra Madrevite non può che confermarlo. Un naso ricco, nitido nel frutto e nelle tonalità a tratti minerali che fanno da coerente preludio al sorso intenso nell’abbrivio e disteso, lungo e sapido nella sua progressione.
Un aneddoto simpatico riguarda il nome che nasce in concomitanza con la rappresentazione teatrale in chiave moderna de “La Bisbetica Domata”di W. Shakespeare messa in scena da una compagnia di Philadelphia in tour a Città della Pieve, con la quale Madrevite pensò di creare una bottiglia da mettere in scena. La collaborazione fu per l’azienda un momento divertente e di grande ispirazione artistica tanto da tenere questo nome evocativo di quell’episodio.
Madrevite – C’osa Gamay del Trasimeno DOC 2016: come in tutti i rossi anche in questo Gamay del Trasimeno la fermentazione è spontanea al fine enfatizzare il grande lavoro di selezione delle uve con il miglior grado di maturazione e il più integro stato di salute. Dopo 6 mesi di cemento e un anno di legno piccolo “usato” riposa in vetro per 6 mesi prima di arrivare nel calice e di mostrarsi in tutta la sua finezza sin dal primo sguardo. L’amore vero e proprio, però, scatta a primo naso con le note fresche e croccanti del frutto che si lasciano attraversare da folate balsamiche e intriganti note speziate varietali e non da legno. Il sorso non delude le aspettative indotte dal naso, con un’ancor più accentuata freschezza che irrora un corpo longilineo e forte, molto più vicino a quello di un maratoneta che a quello di un centometrista. Il finale è ferroso, come si confà alle migliori espressioni di questo vitigno in questo territorio.
Molto interessante anche la Syrah “Che Syrah sarà” che, sono convinto, troverà nelle annate fresche un equilibrio di rara eleganza. Attendo di riassaggiarla in una comparativa nei prossimi mesi pe dirvi di più a riguardo.
Concludo con un plauso a chi ancora crede fortemente in una visione agricola così concreta e sostenibile, puntando su uno strettissimo legame con il territorio ma senza temere sfide contemporanee e con un approccio mai anacronistico. La campagna e la vigna, oggi, possono essere esempio di modernità nella loro saggezza senza tempo e nei valori e gli equilibri che sanno insegnare in maniera spontanea e diretta e questo Nicola e Madrevite lo sanno e lo sostengono attraverso il lavoro e la comunicazione.
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